Però, che bello essere di nuovo tra i primi, noi di Torino. Aver dimostrato con i fatti che Torino e la sua gente hanno vinto la sfida della mutazione, del rinnovamento, dove le Olimpiadi sono stata la bandiera dietro la quale mettersi tutti in marcia e, perché no, in mostra.
È passato ormai un lasso di tempo considerevole dalla fine dei XX Giochi Olimpici e IX Giochi Paralimpici invernali, non credo si possa essere tacciati di retorica; ormai tutti hanno detto tutto e vorrei anche io dire la mia, visto che io c'ero. Niente di originale, forse; tutto di personale, certamente.
Ho vissuto una splendida esperienza di Volontario presso l'OVT (Villaggio Olimpico di Torino), per 30 lunghi giorni. Assegnato al VCC (Venue Communication Centre) non mi sono occupato solo di radio o di radiocomunicazioni, ma anche di "comunicazione" in generale, specie verbale; ho avuto modo di mettere a frutto le mie conoscenze non solo tecniche e operative ma anche linguistiche che, se pur non ottimali, mi sono comunque accorto essere sufficienti; e questo è bastato.
Ho perso più di 4 Kg di peso, pur avendo un'ottima mensa e potendo mangiare quando e come volevo; il lavoro è stato duro, più di quanto ci si potesse aspettare, ma è stato sempre eseguito con il sorriso sulle labbra e con tanto entusiasmo; tanto che si avvertiva la stanchezza solo una volta tornati a casa o nei pochi giorni di riposo.
Sono tanti, veramente tanti i vari casi che si potrebbero raccontare sulle persone conosciute, sulla disponibilità e cortesia di tutti i volontari, sull'umanità incontrata e sperimentata. Certo, ci sono state le disfunzioni del caso, non tutto era stato previsto perché non tutto era prevedibile; ma il grande vantaggio di noi italiani, che altri popoli non hanno, è stata la fantasia; fantasia di saper comunque affrontare l'imprevisto, di sapere inventarsi soluzioni ingegnose quanto semplici, di saper aggirare astutamente o subdolamente regolamenti o disposizioni alle volte inadeguati.
Fantasia e spirito di adattamento. Questo è stato "passion lives here". Una passione sfrenata, sopra ogni limite, al di sopra di ogni stanchezza o limitazione; un entusiasmo unico, vero, sincero e genuino, che si è respirato non solo nell'OVT ma in tutta la città; dovevate vedere cosa era Torino durante le Olimpiadi: Torino era il mondo, non era pił una città; eravamo tutti cittadini del mondo, tutti disponibili al dialogo ed alla conoscenza reciproca, in tutte le lingue possibili ed impossibili, con il sorriso come bandiera, con la disponibilità come parola d'ordine, con la simpatia come passaporto.
Una cosa che, purtroppo, so che non succederà più tanto presto e che per questo ho vissuto il più intensamente possibile. Forse troppo? Non lo so, ma la malattia da "mancanza di Olimpiadi", malcelata nel periodo delle Paralimpiadi, è stata una pandemia, ci ha colpiti tutti, tutti ci siamo sentiti più vuoti, più inutili, più soli al termine dell'esperienza olimpica e paralimpica. Ci sono volute diverse settimane per riprendere il normale rapporto con la vita di tutti i giorni; ci sono voluti davvero tanti giorni per rendersi conto che una cosa così splendida come l'esperienza di volontario alle Olimpiadi era finita. Ma questa è la dura realtà, tanto più dura ora che ti accorgi che hai tante cose dentro che vorresti comunicare agli altri, che vorresti fossero patrimonio comune delle persone intorno a te, della gente di tutto il mondo, che pensi che siano nei cuori di tutti perché è giusto che sia così; e invece siamo tornati in una città per molti versi diversa, ma ormai senza più lo spirito che aleggiava allora, che era tangibile, ed ora è solo un ricordo.
E il ricordo potrebbe essere anche amaro se non fosse che pezzi di questo passato sono molto ben radicati; per le conoscenze fatte che vengono mantenute con la posta elettronica, per le fotografie o i filmini realizzati, per i gadget, le spille, la divisa, i depliant, le istruzioni avute ai corsi, i moduli e tanto altro ancora... mi sembra di parlare di reliquie! Ma passatemi il termine, che in questo caso è adoperato in senso laico.
Ho visto persone sciogliersi in lacrime, abbracciarsi fino a farsi male nell'ultima grande festa per i volontari dello scorso 26 marzo allo Stadio Olimpico di Torino; ho sentito di nuovo tangibile e palpabile il motto "passion lives here". I ringraziamenti del sindaco di Torino Chiamparino, del presidente Castellani, dei rappresentanti del TOROC e del ComParTo erano sinceri e reali: senza noialtri volontari, ma soprattutto senza lo spirito che ci ha contraddistinti tutti quanti, le cose non sarebbero andate così come sono andate.
In queste righe vorrei riportare tutto l'entusiasmo di 25.000 persone, 25.000 volontari, e dire a gran voce "io c'ero"! Una formidabile armata efficiente e gioiosa, fatta di persone uniche ed esemplari, magistralmente selezionate e formate nel corso di quasi due anni. Oggi che analizzo (con malcelato rimpianto) quello che è stato, quello che è avvenuto a Torino e nel Piemonte, mi accorgo una volta di più che Torino appare al centro del mondo, è il luogo di cui si parla, dove forse si tornerà, dove la gente andrà, perché ha visto e sperimentato cose bellissime.
E non solo le Olimpiadi e le Paralimpiadi. Una sovraesposizione mediatica che non sarą infinita, purtroppo, ma che può creare i presupposti perché il fenomeno duri nel tempo... basta continuare a crederci. Con l'esperienza acquisita, con i tanti riscontri positivi, possiamo davvero candidarci a tutto; e lo stiamo già facendo (anno del design, mondiali di scherma, Torino capitale mondiale del libro, universiadi, 150° anniversario dell'unità d'Italia).
Torino 2006 non è più o non è solo un evento passato: è già storia, un'indimenticabile storia; le luci non vogliono spegnersi... penso che ricorderò per sempre la fiamma olimpica che ha illuminato Torino ed i nostri cuori.
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